Innovare durante l’emergenza: le strategie di chi ha scelto di non restare in attesa
Una crisi è quella fase della vita che definiamo come “uno stato di forte perturbazione nella vita di un individuo o di un gruppo di individui, con effetti più o…
Una crisi è quella fase della vita che definiamo come “uno stato di forte perturbazione nella vita di un individuo o di un gruppo di individui, con effetti più o meno gravi.” Ed ecco dunque fiumi di professionisti e imprenditori interrogarsi su quale soluzione attuare per superare questa perturbazione, che per sua natura ci dice ben poco su quanto durerà e su ciò che troveremo una volta usciti dalle nostre case.
Come ci spiega Federico Rossi nel suo articolo sui Cigni Neri, l’immobilità è certamente il primo degli errori. Un princìpio valido nei rapporti tra stati, ma anche nel nostro agire quotidiano che, in momenti come questo, troppo spesso si riduce a un’attività di mero “tamponamento”.
Come spesso succede, a tenere ancora le mani sul proprio timone sono coloro che si sono fermati qualche giorno, investendo qualche decina di ore di lavoro nell’attività più preziosa di tutte: pensare. Scartata la cassa integrazione e il blocco temporaneo delle produzioni, da sempre anticamera del fallimento, cosa restava? Quali opportunità poteva offrire il nuovo scenario?
Alcuni sembrano aver trovato una risposta…
Chi aveva le spalle coperte, ma ha scelto di agire per consolidare la reputazione del brand.
Just Eat ripensa la consegna e sposta il focus dei suoi clienti
Iniziamo da chi ha avuto un po’ la vita facile.
Per gran parte degli esercizi commerciali del settore food è stato sufficiente assumere un fattorino o, opzione più quotata, stringere una partnership con una delle decine di piattaforme di delivery che affollano gli smartphone di tutta Italia (e non solo). Una manovra che ha però fatto impennare la sproporzione tra ordini e rider disponibili. Alla difficoltà, molti hanno reagito mettendo le mani avanti; inserendo nella schermata di checkout un disclaimer con cui si scusano per non poter rispettare l’orario indicato.
Comprendendo l’estrema difficoltà a intervenire su questo punto, anche a causa dei numerosi rider che hanno rinunciato al lavoro per non rischiare il contagio, Just Eat ha scelto di far leva proprio sulla paura per spostare l’attenzione del pubblico; promettendo una consegna contactless. Una strategia già testata in America da McDonald’s, KFC, Starbucks e Domino’s e adottata in Italia grazie a un protocollo che Just Eat ha redatto in collaborazione con Fipe e Assodelivery. Nonostante altre piattaforme stiano ora adottando lo stesso modello, Just Eat rimane top of mind per la velocità con cui ha saputo adottare la nuova soluzione.
Netflix minaccia il pubblico
Altro terreno fertile è stato quello delle piattaforme di streaming che, in un periodo così florido, avrebbero potuto semplicemente sedersi ad ammirare i propri titoli che lievitano. Netflix ha invece deciso di cogliere l’opportunità di schierarsi in prima linea con una finta campagna outdoor che minaccia di spoilerare il finale delle sue serie TV.
In molti credono che i mock up comparsi online siano anticipazioni di una campagna già attiva e che, uscendo di casa, sia inevitabile notare gli spoiler nei manifesti in metro e nelle piazze. In realtà, la campagna non è mai stata realizzata, ma Netflix è comunque riuscito a instillare il dubbio nel suo pubblico e a fare notizia per la genialità della trovata.
Chi si è adattato a nuove esigenze di mercato puntando sul networking
La rete che sostiene la reputazione dei brand di lusso
Prospettive meno rosee per l’industria del lusso, in particolare per l’alta moda, che da sempre si nutre di eventi e turismo. Secondo Patrizia Arienti, luxury leader di Deloitte, il 35% dei turisti cinesi che ogni anno sbarcano in Italia sono elite consumers e visitano le nostre città con l’obiettivo di fare tappa nelle boutique di lusso.
Nonostante i grandi nomi stiano accusando il colpo in termini economici, l’industria della moda si rivela ancora, una volta, uno dei network più solidi del nostro mercato. Nelle scorse settimane, 180 aziende delle camere della moda hanno iniziato a collaborare per la creazione di due filiere, che a oggi producono due milioni di mascherine chirurgiche al giorno. Tra queste, anche grandi nomi come Fendi, Armani, Gucci, Ferragamo, Valentino… Un intervento che, unito alla digitalizzazione degli acquisti, contribuisce a mantenere alta la reputazione e la solidità dei brand e, per quanto possibile, le aziende a regime.
Conversioni strategiche
Stesso approccio è stato adottato dalle aziende che hanno seguito l’idea di 3DRap, la start up di Avellino che produce valvole per i respiratori delle unità di rianimazione grazie alle sue stampanti 3D. Ciliegina sulla torta: il 90% dei materiali impiegati è biodegradabile; a dimostrazione che, anche in un momento di crisi, la sostenibilità ambientale non è un optional. L’idea ha coinvolto oltre un centinaio di aziende in tutta Italia, che hanno convertito le proprie produzioni per collaborare con gli ospedali. Tra questi, la fabbrica d’armi Beretta, che è riuscita ad applicare le valvole a delle maschere da immersione Decathlon, trasformandole in respiratori d’emergenza.
L’ufficio di Valeria Cagnina, la star della robotica italiana che insegna tecnologia ai bambini e nelle aziende, si è trasformato in un hub, permettendo di monitorare e distribuire i nuovi respiratori.
Anche Lamborghini sta contribuendo all’iniziativa, stampando visiere protettive mediche in policarbonato, donate al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.
Chi invece ha completamente convertito alcune linee di produzione sono alcune aziende cosmetiche e di alcolici, tra cui Nivea, Montenegro e Ramazzotti, che hanno iniziato a produrre e imbottigliare soluzioni disinfettanti. Con strategica lungimiranza, Ramazzotti ha anche mantenuto nel prodotto l’inconfondibile aroma di arancia che caratterizza il suo amaro, portando nell’emergenza tutta la forza del brand.
La rete di conversioni comprende oggi oltre un centinaio di aziende in tutta Italia; forse non tutte con i più nobili intenti, già si sollevano le accuse contro coloro che sfruttano l’eccezione concessa in questi casi per continuare a mantenere attive le fabbriche (e, ovviamente, la produzione primaria), ma gli ospedali sembrano essere i primi a tornare a respirare in termini di rifornimento di attrezzature mediche.
Le aziende che hanno innovato davvero
La menzione d’onore va, ovviamente, a coloro che hanno visto nella crisi un’opportunità di innovazione, ripensando la propria offerta o creando business da zero.
App a misura di Covid
L’idea barese nata al Balab (Laboratorio di contaminazione di idee del Centro di eccellenza, innovazione e creatività dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro) è un’app che punta a velocizzare la procedura di triage in pronto soccorso. Grazie a un braccialetto che registra i parametri vitali e a un software di machine learning, l’app comprende quando tranquillizzare il paziente e quando sollecitare un controllo del medico. Un’idea in grado di supportare il sistema sanitario durante e dopo l’epidemia.
Sempre in tema app, cosa poteva fare un’app nata per incontrarsi se non invertire completamente la propria rotta? Con l’annuncio della quarantena, Zenly ha iniziando a monitorare il tempo di permanenza in casa. L’app mostra la classifica dei 5 amici che negli ultimi giorni sono stati per più tempo senza uscire, lanciando la sfida tra i suoi utenti. La cifra è espressa in percentuale e il 100% indica una persona che non ha mai lasciato la propria abitazione.
Un’idea che ci saremmo aspettati dai più popolari Tinder e Once che, invece, hanno perso l’occasione di guidare i rapporti umani in un periodo così complesso, lasciando a un’app di nicchia il podio dell’innovazione.
Servizi per il post-quarantena
Prevedendo le complessità che animeranno il post-quarantena, nasce D.O.P.O. La piattaforma open source di Flavia Brenci, Maurizio Carta e Mosè Ricci, punta a prevedere e occuparsi fin da subito del post-emergenza, imparando dalla crisi e mettendo a sistema diversi approcci progettuali per avanzare proposte operative, tecnicamente fondate ed economicamente sostenibili.
Un modello simile è stato adottato da StartUps against Corona, che approccia lo stesso intento con una piattaforma in cui gli utenti possono lanciare “challenge” e offrire soluzioni. Le proposte rappresentano veri e proprio “prodotti”, acquistabili per la propria azienda con una normale transazione.
Ripensare l’agriturismo
Altra rete nata dalla necessità è quella di Coldiretti, che unisce gli agriturismi di Campagna Amica, affiancando alla consegna di ortaggi freschi, già attiva da settimane, piatti della tradizione; dando accesso al gusto dell’agriturismo anche in quarantena.
E ancora: cocktails a domicilio, soluzioni per il fitness e il benessere, nuovi modi di vivere la socialità a distanza e ogni giorno sembra emergere dallo sconforto una nuova proposta, pronta a ridisegnare il mondo che conoscevamo fino a poche settimane fa.
In periodi come questo, è più che mai importante ricordare come il nostro cervello sia biologicamente predisposto a reagire, a trovare nuove soluzioni e a spingerci a reinventarci; evoluzione sociale del nostro istinto di sopravvivenza. Una lezione che la storia ci ha più volte insegnato, ma che troppo spesso tendiamo a dimenticare, selezionando solo le informazioni che confermano e giustificano le prime sensazioni suscitate da una crisi: ansia, dubbio, paura.
La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo, l’altro rappresenta l’opportunità”.
John Fitzgerald Kennedy