Fare business in USA: tra differenze culturali e nuovi paradigmi economici
Gli Stati Uniti guidano da sempre l’evoluzione del mondo del lavoro e, anche durante l’emergenza, abbiamo modo di notare come ciò che per noi rappresenta un nuovo paradigma, oltreoceano è…
Gli Stati Uniti guidano da sempre l’evoluzione del mondo del lavoro e, anche durante l’emergenza, abbiamo modo di notare come ciò che per noi rappresenta un nuovo paradigma, oltreoceano è un’evoluzione già in atto da anni.
Ce ne ha parlato Federico Foli alla puntata del 19 maggio di ModelStorming, raccontandoci come le aziende americane abbiano superato da tempo le problematiche legate al remote working e stiano già lavorando su temi di più ampio respiro.
Dalla ricerca di un lavoro alla ricerca di uno stile di vita: l’Italia deve ancora lavorarci
Le esigenze dei nuovi lavoratori, la fascia millennial della popolazione, stanno portando le aziende a rapportarsi in modo nuovo alle proprie risorse. Mentre in Italia lottiamo per ottenere impieghi a tempo indeterminato e full time, nella speranza di stabilizzare le nostre entrate sul lungo termine, i lavoratori americani stanno sposando una nuova filosofia, gestendo contemporaneamente incarichi provenienti da aziende diverse e concentrandosi molto più di noi sulla costruzione della propria immagine professionale. I job hopper, professionisti che saltano da un lavoro all’altro per nutrire il proprio entusiasmo e ottenere formazione sempre nuova, sono il prototipo del lavoratore di domani, che desidera crescere e cambiare, senza sacrificare la vita privata. Un tema che in Italia sembra essere stato preso in seria considerazione solo in seguito all’epidemia, nonostante il trend fosse più che evidente già prima della quarantena.
Conciliare lavoro e vita privata non è più un optional negli Stati Uniti, con evidenti ripercussioni sulla ricerca di figure chiave stabili, considerata da molte aziende sempre più difficile, e sul mercato real estate, inevitabilmente condizionato dal mancato seguito di traslochi che ci si aspetterebbe con l’attivazione di nuove sedi e uffici in città.
Ristrutturazioni e razionalizzazione dei costi: la crisi spinge alla migrazione dalle metropoli e impatta su retail e real estate
Nonostante il mercato americano si muova con logiche molto diverse dalle nostre, l’impatto dell’emergenza si è fatto sentire. Mall e grandi catene hanno subìto l’impatto maggiore, impossibilitati a pareggiare income e costi di mantenimento dei molti punti vendita. Molti brand hanno scelto di ridimensionare la propria distribuzione e rafforzare, come nel caso italiano, il canale online. Si delinea un nuovo modo di vivere l’acquisto e, più in generale, la ricerca di un nuovo stile di vita più sicuro, sostenibile e lontano dal caos delle metropoli, anche da parte dei più abbienti. Nel settore real estate si apre quindi un periodo di profonda trasformazione, in cui la valorizzazione degli spazi passerà attraverso nuove consapevolezze e preoccupazioni: economiche, utilitaristiche ma anche di sostenibilità dello stile di vita che fino a oggi rappresentava la normalità.
Evolvere e ragionare “all’americana”
Anche durante una crisi internazionale, gli States continuano a rappresentare per molte PMI la terra delle opportunità in cui approdare e crescere rapidamente. Non è raro sentire certi imprenditori demotivati o estenuati dalla pressione fiscale dichiarare di voler spostare la propria produzione negli Stati Uniti o, nel peggiore dei casi, mollare tutto e aprire un chiosco di piadine a New York; un’attività semplice nella città dei grandi flussi economici.
Ma siamo sicuri che sia così semplice?
Federico Foli ci spiega che posizionare un business negli Stati Uniti, soprattutto se abbiamo aspirazioni di crescita superiori al chiosco di piadine, richiede la conoscenza di logiche di mercato profondamente diverse da quelle italiane, che non possono prescindere da:
- Servizio di vendita e post vendita rapido e ad altissimo valore aggiunto.
- Valorizzazione di design e qualità italiana combinati alle esigenze del pubblico americano.
- Conoscenza profonda delle logice di consumo del nuovo target e delle differenze culturali e di esigenze tra stati.
- Monitoraggio costante dei movimenti e dei trend del nuovo mercato
- Conoscenza tecnica delle politiche fiscali e di tutela dell’economia americana.
Ciò che è certo è che un semplice spostamento del business verso un nuovo mercato non può considerarsi strategico senza una strategia di crescita a supporto. Il lavoratore americano avrà esigenze molto diverse dal suo collega italiano, le nuove logiche economiche impatteranno sulla gestione aziendale, ciò che il cliente italiano poteva non notare potrebbe essere condirato inaccettabile dal nuovo target…
Come per ogni posizionamento, non esiste una ricetta universale e rimane indispensabile mantenere chiari i bisogni del cliente e la nostra visione a lungo termine.